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Matsuo Bashô, lo haiku e Yamagata

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松尾芭蕉 山寺

Nukitomeshi    Waka* tanzaku (foglio rettangolare verticale con waka)   Pennello di Kitamura Kigin              Prima metà del periodo Edo (la seconda metà del 17mo – inizio 18mo secolo)    Un rotolo    Originale: Museo di Bashô a Yamadera

Nukitomeshi    Waka* tanzaku (foglio rettangolare verticale con waka)

Pennello di Kitamura Kigin

Prima metà del periodo Edo (la seconda metà del 17mo – inizio 18mo secolo)

Un rotolo    Originale: Museo di Bashô a Yamadera

*Waka: poesia di 31 sillabe.

 

Nukitomeshi / tama nowo nagaki / yoyo wo hete /

                      taenu miyai no / atozo kashikoki   Kigin

 

E’ una waka (poesia di 31 sillabe) di Kitamura Kigin, maestro di haikai* di Bashô.

* Haikai: genere letterario giapponese fiorito nel periodo Edo. Poesia collettiva a catena di carattere giocoso, detta più precisamente haikai no renga.

Kigin era noto per i suoi studi su opere classiche della letteratura giapponese come il romanzo Genji monogatari (La storia di Genji) e compose anche waka basandosi su fatti storici o antiche leggende. Questa waka prende spunto da una leggenda relativa al santuario shintoista Aridôshi a Nagataki nella regione di Izumi (attuale Nagataki, città di Izumisano, provincia di Ôsaka).

E’ una leggenda citata, tra le altre opere, anche nel Makura no sôshi (Note del guanciale) di Sei Shônagon, risalente al periodo Heian (794-1185). L’imperatore cinese della dinastia Tang sfidò il piccolo Giappone con il seguente arduo problema. Cercate di infilare un filo di cinque colori nel buchino ondulato di una perlina; se non ci riuscite, attaccherò e conquisterò il Giappone. Un nobile giapponese chiese consiglio al suo vecchio padre, che gli suggerì di applicare un po’ di miele a una parte del buchino, di legare un’estremità del filo a una formica e di farla entrare dall’altra parte del buchino. Così riuscirono a infilare il filo nella perlina senza problemi. La leggenda narra che questo vecchietto, dopo la morte, divenne il dio del santuario Aridôshi (“fare passare” [tôsu] “la formica” [ari]).

Il significato della waka di Kigin è: il fatto che anche dopo tanto tempo il santuario di Aridôshi sia così visitato è sorprendente, ma è molto bello.

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